“La biblioteca di Trimalcione”, monumento all'impresa inconclusa della lettura | Il Foglio

2023-03-15 17:12:55 By : Ms. Darlee Zou

Il libro di Alfredo Giuliani da poco uscito per i tipi di Adelphi è un viaggio nella letteratura europea, fra nomi celebri e altri meno conosciuti. Pagine grasse di una passione e di una gioia viziosa

Leggere La biblioteca di Trimalcione di Alfredo Giuliani (Adelphi, 392 pp., 35 euro) e precipitarsi a comprare l’Epistolario completo di Ugo Foscolo. Ovviamente ignari del cimento, cioè del fatto che si tratti di un’impresa irta di tranelli, difficoltà e inconcludenti ricognizioni su ebay, Libraccio, Abebooks, prima brama e poi scontentezza, prima desiderio e poi ordalia, e nuoto a cagnolino per non affogare tra i flutti di edizioni incomplete, edizioni esosissime, scarti di vecchi magazzini, tarme vincitrici su pagine irrimediabili: dolore, sconforto, due ore e niente di fatto, e intanto fame, fame che cresce, fame che ammala. E non darsi pace – “apri nuova finestra” – finché, nel frattempo, posseduti da demoni rimanenti tutti annotati su un foglietto nato come tale e degenerato in mazzetta di fitti scarabocchi, non si è scaricato tutto l’amazonabile di Giorgio Colli, ma ecco che per fortuna con Colli va meglio, molto meglio, grazie Adelphi, grazie kindle. Infine, togliersi il prurito irresistibile di procurarsi Ippolito Nievo, Orfeo tra gli Argonauti di Paolo Ruffilli, il poeta preciso – edizione Camunia, ma ce la si fa, ce la si può fare (Ippolito Nievo di cui Giuliani sottolinea “la rapinosa maturità che incalza la sua immaturità”, e accidenti, pensi, che freccia esatta, madornale, che occhio vedente). Da lì, perdere il controllo.

Escalation garantita: progetti su progetti, piani inverosimili e prospetti per il prossimo semestre di letture (dai, se rinunci alla nutrizione, a qualche ora di sonno e rinneghi tua figlia ce la puoi fare) cominciando magari da I fratelli Karamazov – Giuliani analizza il romanzo alla luce della definizione pasoliniana di “poema della rimozione” e lo ribattezza, semmai, “poema dell’eccesso” perché, scrive, “l’uomo si conosce quando trabocca fuori da sé nella mancanza di identità”, e lo spiega in un modo da renderti evidentissima un’amara verità: tu, saputello che non sei altro, non hai mai letto I fratelli Karamazov, tu ci hai pattinato sopra con gli occhi, ti sei infatuato e come ogni innamorato non hai visto quel che andava visto, tu sei un ingannato da te stesso e dalla tua pochezza, ma sappi che leggere, saputello parte due, è tutta un’altra cosa.

Insomma, cominciare così e finire anche peggio, a rimuovere Google Calendar e decidere di prendersi due settimane per tornare con sguardo nuovo all’amato Stendhal e al suo egotismo; altre due per Jarry, non hai mai approfondito come si deve Jarry; Léon Bloy, poi, non parliamone, nemmeno lo conosci, quindi altri quindici giorni almeno tra recuperarlo e leggerlo; dello “stravolgersi degli opposti” di Catullo, nei termini che propone Giuliani, non hai nemmeno sospettato la possibilità, dunque non hai letto Catullo anche se credevi di sì, odi et amo e va bene, bravo, bis, ma non è tutto qui, e adesso è urgentissimo riprenderlo da capo... Certo la spaventosa lacuna su Albert Caraco la puoi sopportare, tuttavia, leggendo per bene il pezzo di Giuliani, come resistere a un nichilista che fa a pezzi perfino Nietzsche e viene definito “poeta della fine del mondo”? Ecco, in poche parole, cosa accade a perdersi gioiosamente dentro questo Adelphone di Alfredo Giuliani, sinfonia in quattro movimenti di pezzi letterari che uscirono su Repubblica: svegliare una fame pantagruelica, autorecludersi e dibattersi tormatosamente tra un “devo leggere di più” e un “devo leggere di meno, cioè meglio”, tra l’attaccare il proprio carro a un Pegaso o a un Ronzinante. 

Sono pagine grasse di passione, queste. Pagine trionfanti di una gioia viziosa. E piene di estro, concupiscenza e sprizzo mercuriale, scritte da un Lettore supremo che non cinge d’assedio un’opera per mungerne, a forza, una polpa, ma che respira con naturalezza i pensieri che racconta – formidabile la riflessione su Kierkegaard intitolata “Bagattella straziante”, dimostrazione di un’intelligenza vera, che costruisce e non ostruisce lo sguardo. Monumento sorridente all’impresa inconclusa di leggere, ci regala anche indimenticabili sintesi: Colli è un sacerdote delfico, Foscolo un adolescente eroico, Leopardi un materialista platonico. E i Greci? Grandi Ingannatori che hanno inventato la Verità.

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Tempo di paure ataviche e di cospirazioni, di festa e di lavoro intenso. Così le tenebre giocano con la luce, naturale o artificiale, e ispirano poeti, scrittori, registi, pittori

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